La malattia parodontale rappresenta oggi una delle cause più importanti della perdita dei denti. Essa si manifesta con diversi sintomi. La forma più frequente colpisce l’adulto nell’età compresa tra i 40 ed i 60 anni. Il termine parodontopatia indica una malattia che interessa i tessuti deputati al supporto denti: il legamento parodontale (una specie di minuscoli ed infiniti elastici che legano fortemente la radice del dente all’osso circostante); il cemento radicolare (che avvolge appunto, la radice dei denti); l’osso alveolare. (è l’osso mandibolare e mascellare che “ospita” la radice dei denti); la gengiva che rappresenta il cosiddetto parodonto superficiale. La parodontopatia è una malattia cronica e come tale non può essere eliminata in modo definitivo ma può e deve essere curata.
La malattia parodontale diversamente da altre patologie del cavo orale come carie, afte ed altre è prevalentemente asintomatica. Vi sono però dei segni caratteristici che devono fare insospettire il paziente, quali: il sanguinamento delle gengive durante lo spazzolamento; la persistenza di alito cattivo; la scopertura dei colletti dentali (recessioni); la presenza di gonfiore a livello del margine gengivale; la ipersensibilità dentale agli sbalzi di temperatura; la presenza di ascessi; la mobilità di alcuni denti. Se uno o più di questi segni sono presenti è necessario consultare lo specialista in parodontologia per un accurato esame della bocca.
La causa principale è la placca batterica. La placca rappresenta l’insieme dei batteri che albergano naturalmente nel cavo orale. Non tutte le oltre 300 specie microbiche presenti nella bocca provocano la malattia parodontale, ma solamente alcune di queste specie sono considerate patogene. Affinché determinati tipi di batteri agiscano provocando lo sviluppo della parodontopatia è necessario che si verifichino determinate condizioni. Prima fra tutte che il paziente sia in qualche modo predisposto e suscettibile. Oltre al fattore ereditario, altre condizioni o comportamenti possono favorire o aggravare la malattia parodontale. Tali fattori sono ad esempio la scarsa igiene orale, il tartaro sopra e sottogengivale, malattie sistemiche come il diabete, il fumo di sigaretta, la presenza di parafunzioni come il digrignamento ed il serramento dei denti durante la notte.
Per implantologia si intendono tutte quelle metodiche atte a permettere la connessione di protesi, corone dentarie ad impianti artificiali. L'implantologia dentale più diffusa è quella definita endossea. Questa metodica utilizza impianti di forma cilindrica/conica più o meno filettati e più raramente viti e aghi.
Il materiale più utilizzato per la produzione di impianti è il titanio, materiale biocompatibile che non comporta reazioni da parte dell'organismo (il cosiddetto rigetto). Gli impianti, posizionati nell'osso del paziente, diventeranno un corpo unico con l'osso, ossia avverrà quella che viene definita osteointegrazione.